Blog. 24 Marzo 2025

I simboli del benessere

I simboli del benessere

 

I simboli del benessere

 

Loredana La Fortuna.

 

Mai e poi mai si sarebbe potuto pensare di vedere una sfilata di alta moda ambientata in un bagno. E invece è accaduto qualche giorno fa a Parigi, quando Alessandro Michele, nuovo direttore creativo della maison Valentino, ha presentato la sua ultima collezione in un bagno pubblico allestito per l’occasione. Dalle porte semichiuse di bagni completamente rossi, la nuance tanto cara al fondatore della casa di moda, alla luce di neon apparentemente difettosi, i modelli sono entrati e usciti per i loro défilé. Per accedere allo spettacolo, ovviamente occorreva l’invito, rigorosamente scritto su una piastrella da bagno.

Quello messo in scena dallo stilista è chiaramente uno spazio distopico e funzionale a uno show che intende riflettere sui concetti di identità e intimità, ma è curioso che ciò accada proprio a Parigi dove i bagni pubblici hanno avuto un ruolo sociale importante nel corso della storia. Poco più di un anno fa, sono stati riaperti al pubblico i Lavatory Madeleine, inaugurati nel 1905, tra i primi bagni pubblici progettati in Europa e sono diventati presto una delle mete turistiche più frequentate della città. In un tripudio di decori liberty, questi bagni erano molto più che luoghi di servizio, erano invece punti d’incontro, “lieux d’aisances”, spazi in cui sentirsi a proprio agio e godere di un momento di benessere. Luoghi comuni, e non privati, proprio perché la dimensione sociale era parte integrante dell’esperienza del bagno.

Ora, è sicuramente interessante il fatto che questi luoghi così specifici nella loro funzione, siano diventati improvvisamente teatri glamour, spazi polisemantici che perciò ci invitano a una nuova riflessione sul loro senso, la loro funzione e il loro ruolo sociale nell’esperienza quotidiana.

Ovviamente i luoghi del benessere oggi, che siano personali o collettivi, che siano bagni privati o Spa, non sono normalmente né rossi, né liberty, ma certamente non possono definirsi unicamente come luoghi di servizio, destinati a rispondere unicamente alle esigenze più pragmatiche del corpo umano. Sono luoghi, appunto, dal potente valore simbolico che dicono molto di più sul mondo contemporaneo di quanto si possa pensare. Questi spazi, più di altri, ci parlano di cosa intendiamo per benessere, ci descrivono la relazione contemporanea tra uomo, ambiente e mondo sociale e soprattutto definiscono nuovi valori e lussi.

Per comprendere il significato degli spazi deputati al benessere occorre però fare un passo indietro e ricostruire l’evoluzione del concetto stesso di benessere che negli anni si è radicalmente modificato. Nel secondo dopoguerra, questa parola indicava il “tenore di vita”, vale a dire la capacità degli individui di possedere e ostentare oggetti, beni e spazi di lusso in funzione della ricchezza materiale posseduta dal singolo. È solo dagli anni Settanta che, invece, si inizia a pensare al benessere non più in termini economici, ma in termini di “qualità della vita” e per questo motivo cominciano ad essere prese in considerazione variabili fino ad allora ritenute accessorie, se non addirittura non determinanti: il benessere psicologico e sociale, le dinamiche ambientali e relazionali. Se dunque, negli anni precedenti il livello di benessere era letteralmente misurato tenendo conto dei valori specifici della cultura dell’occidente globalizzato come il PIL, il reddito pro-capite e l’aspettativa di vita, a partire dai primi anni Ottanta si comincia a guardare ad indicatori nuovi.

Nel 1987 il rapporto Brundtland parla per la prima volta di sviluppo sostenibile e allo stesso tempo, in questi stessi anni, si amplia e si approfondisce il concetto di salute che del benessere è l’essenza prima. La salute, infatti, comincia ad essere valutata non più come la semplice assenza di malattia, o comunque non più solo come una condizione bio-fisiologica, ma come una dimensione più complessa, riguardante le diverse componenti umane. Come una condizione armonica tra aspetti fisici, psichici e sociali, una relazione virtuosa tra uomo e ambiente. Oggi, quando parliamo di benessere pensiamo appunto a questo, a un modo salutare di vivere, a una qualità della vita fatta di relazioni positive con sé stessi, con il contesto naturale e sociale circostante.

Forse per questo motivo i luoghi del benessere, a partire dai bagni di casa fino alle Spa più sofisticate, si sono progressivamente modificati diventando altro da sé.  Il cambiamento più evidente è sicuramente l’“apertura” di questi spazi verso l’esterno, apertura mai conosciuta prima. I luoghi della cura, della bellezza, e del benessere, sono diventati spazi aperti, prima di tutto sul paesaggio circostante con cui instaurano una continuità visiva e suggestiva. Sono luoghi ibridi a metà tra interno ed esterno e rispondono al desiderio di “ritorno alla natura” che è la più ovvia conseguenza di una vita moderna vissuta in contesti fortemente urbanizzati e artificiali. Ai luoghi del benessere oggi si chiede questo: di ricostruire una relazione perduta tra l’uomo e l’ambiente. E a ciò rispondono elementi simbolici funzionali a comunicare questi significati: ampie vetrate su punti panoramici, carte da parati a tema vegetale e floreale, l’uso di materiali naturali come il legno e la pietra, la presenza dell’acqua e in generale un ricorso evidente a quella che può essere definita un’estetica green.

Ma l’apertura dei luoghi del benessere non è solo verso l’ambiente circostante, questi spazi in realtà si aprono anche verso gli altri spazi chiusi degli edifici in cui si collocano, si confondono con altre stanze con diverse destinazioni d’uso grazie a grandi muri vetrati, in un processo osmotico che definisce così la ricerca del benessere non più come un fatto privato, ma come una dimensione collettiva, da rintracciare costantemente nei vari tempi e luoghi.

La conseguenza immediata di questi spazi diffusi è l’inevitabile risignificazione di alcuni elementi. Le vasche, ad esempio, non sono più semplicemente grandi tinozze per il lavaggio del corpo, sono invece elementi che servono al riposo, alla lettura, alla degustazione di piccoli cibi e perciò si dotano di elementi imprevisti come luci da terra, dispositivi per la connessione in rete, piani d’appoggio, librerie e molto altro. Le vasche, per tanto tempo biasimate dalle più veloci e moderne docce, più di ogni altro elemento sono il simbolo di questo nuovo concetto di benessere e in qualche modo di nuovo lusso. Perché per concedersi un bagno, occorre tempo e il tempo, si sa, è la vera ricchezza contemporanea. In quanto tali, quindi, le nuove vasche, rigorosamente freestanding, si collocano dentro o fuori dai bagni, in camera da letto, in terrazza, in giardino, configurandosi come arredi di lusso, piccole oasi segrete di piacevole cura.

Luoghi ormai speciali, i bagni non sono più asettiche stanze impersonali e tecnologiche, sono invece stanze a vista, calde e accoglienti, piacevoli, esuberanti in alcuni casi. Decisamente umane. Sarà forse questo il motivo per cui la maggior parte dei selfie viene scattata in luoghi come questi, come se tali spazi fossero avvertiti come un nuovo habitat, contemporaneo e tecnologico, ma naturale e semplice allo stesso tempo.

E così tutti questi nuovi segni del benessere, i colori naturali, il legno, la pietra, il verde, la luce delle candele, la lentezza, il silenzio, le vasche e soprattutto l’acqua, come sempre accade quando i segni vengono comunicati, tradotti e narrati, hanno finito per definire nuovi rituali e nuove pratiche quotidiane il cui scopo non è semplicemente quello dello “stare bene”, ma del “ben-essere”. La prospettiva, si capisce, è decisamente più ampia.

Dunque, che si tratti di un bagno rosso, di un bagno pubblico dal sapore retrò, di un bagno domestico o di una Spa quello che davvero conta è l’opportunità che questi spazi offrono di sperimentare nuove modalità abitative. Per questo oggi questi luoghi, più di altri, sono poliedrici e polisemantici e più che stanze sono “attivatori di esperienze”. Ci mostrano infatti, anche se spesso solo da dietro una grande vetrata, quale vorremmo fosse la nostra dimensione di vita.

 

Loredana La Fortuna
Biografia

Loredana La Fortuna ha conseguito un dottorato di ricerca in “Teoria del linguaggio e scienze dei segni”.  Le sue ricerche si indirizzano prevalentemente ad analisi testuali e critiche dei fenomeni di moda e design. Tra i suoi libri, La cucina di design (Progedit, 2016) ed È una questione di design (Meltemi 2023) – INDEX 2024. Cura la rubrica “Oggetti parlanti” sul mensile “Home!”.