
Inclusività: altra forma della sostenibilità.
Una struttura ricettiva è veramente sostenibile solo se inclusiva: come deve cambiare il progetto.
Nella mia lunga esperienza di progettazione ho sentito parlare molto spesso, a volte anche a sproposito, di sostenibilità. Questo concetto, così centrale nella nostra epoca, viene elaborato nel 2015, anno in cui i 193 Paesi che compongono le Nazioni Unite firmano “L’Agenda 2030 per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”: un innovativo programma d’azione, che sintetizza in 17 punti le tappe per il miglioramento della vita delle persone. Tra i vari punti troviamo la lotta alla povertà e alle disuguaglianze, la promozione di uno sviluppo socio-economico sostenibile, educazione di qualità e rispetto per il nostro pianeta, pace e collaborazione universale e molto altro. Il profondo valore di questi obiettivi sta nel fatto che possano essere promossi da ognuno di noi e io, con la mia attività, mi propongo di perseguire al meglio questi punti attraverso i miei progetti.
In un recente intervento mi è stato chiesto di trattare il tema dell’inclusività rispetto all’architettura e ai progetti che propongo. Ho colto, quindi, questa sfida per affrontare il tema secondo una prospettiva olistica e che rappresenti la mia filosofia del costruire. Partiamo riassumendo i cinque ambiti che legano inclusività e architettura: i cinque sensi, le emozioni, la comunicazione, la spazialità e la materialità.
I CINQUE SENSI
Architettura e sensorialità attestano, sin dall’antichità, un legame profondo. Possiamo tutti concordare sul fatto che il design provochi in noi emozioni diverse e che siamo portati a reagire con sentimenti differenti rispetto ai luoghi che abitiamo. Per questo motivo il mio obiettivo è quello di porre l’Uomo al centro dell’universo architettonico, rispondendo all’esigenza sensoriale dell’essere umano.
I nostri cinque sensi ci permettono di percepire l’opera architettonica in maniera assolutamente individuale: non esiste, quindi, un’esperienza sensoriale universale, che riunisca ogni creatura, religione, etnia, età, sotto un univoco livello di interpretazione. Tradurre questo concetto teorico nella pratica progettuale significa attuare un approccio sensoriale, definito anche come “metodo dei cinque architetti”, dai nomi di Peter Eisenman, Charles Gwathmey, John Hejduk, Richard Meier e Michael Graves, che per primi hanno saputo integrare questo approccio nella loro filosofia lavorativa. L’uomo è posto al centro dell’architettura e, quindi, dell’operato di ogni professionista. L’esperienza sensoriale, che da ogni persona deriva, è influenzata da diversi fattori, quali i ricordi, i valori morali individuali e la cultura personale.
La scienza ha provato a studiare (e tutt’ora si concentra su questi temi) il rapporto tra reazioni dell’individuo e spazi architettonici attraverso lo studio del sistema nervoso. Da pochi anni si parla così di neuroscienze e, in particolare, di neuroarchitettura, una disciplina legata alla medicina che, con dati ed evidenze scientifiche alla mano, analizza oggettivamente e sistematicamente come gli spazi costruiti modificano le nostre emozioni e le nostre capacità. Questa disciplina traduce le sensazioni provocate dagli spazi in dati misurabili, che consentono a noi architetti di analizzare da un punto di vista scientifico le reazioni umane al costruito e cercare, così, di costruire spazi che migliorino il benessere delle persone. Sono diversi i fattori che la neuroarchitettura analizza, in primis gli elementi che permettono di provare sensazioni profonde attraverso il costruito. L’intensità della luce, per esempio, fa percepire all’uomo i volumi in maniera diversa; i diversi volumi degli edifici permettono di percepire lo spazio in vari modi in funzione delle proprie esperienze e percezioni; l’integrazione armoniosa dell’edificio con l’ambiente circostante permette la massima stimolazione dei sensi. Oltre ai sensi che tutti noi conosciamo esistono in realtà altri sensi, definiti “interni”, tra cui: l’immaginazione, che ci permette di immaginare l’edificio che si sta costruendo; la sinestesia, ovvero la “contaminazione” delle percezioni sensoriali; la cultura, del quale l’architettura rappresenta la naturale espressione.
Oltre ai già citati cinque architetti (P. Eisenman, C. Gwathmey, J. Hejduk, R. Meier e M. Graves), vi sono anche altre figure che pongono l’esperienza sensoriale in architettura al centro del proprio operato.
Alvar Aalto era un architetto finlandese, pioniere dell’architettura sensoriale grazie alla famosa Villa Mairea, realizzata con estrema attenzione al dettaglio e ai punti di contatto tra corpo e edificio.
Naito Hiroshi, architetto giapponese, ha fatto del legno il fulcro della sua filosofia architettonica. Di questo materiale, in grado di rispondere alle esigenze sensoriali, culturali e sociali, è stata sviluppata la componente olfattiva grazie al legno di Sugi, noto per il suo forte odore.
Éric Cassar è un architetto francese il cui desiderio è “creare l’inaspettato nella pianificazione urbana”, per stimolare e risvegliare costantemente tutti i sensi: ad esempio, si è immaginato di realizzare edifici in grado di interagire con le persone cambiando colore.
MOBILITÀ
Nel progettare gli spazi che le persone vivono, un ampio ragionamento è dedicato alle condizioni di mobilità degli individui, in particolare di coloro che sono soggetti a stati di inabilità temporanea o permanente al movimento. Con inabilità temporanea definiamo il periodo che va dal momento di un infortunio o di inizio di una malattia fino alla sua completa guarigione. Per invalidità permanente, invece, s’intende una valutazione che necessariamente dovrà essere fatta a distanza dalla comparsa della malattia o dell’incidente.
Secondo l’Articolo 20 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (trattato internazionale finalizzato a combattere le discriminazioni e le violazioni dei diritti umani) gli Stati devono adottare misure efficaci a garantire alle persone con disabilità la mobilità personale con la maggiore autonomia possibile. Questo avviene promuovendo un’architettura che faciliti la mobilità personale nei modi e nei tempi che si confanno alla persona; agevolando l’accesso da parte delle persone con disabilità ad ausili per la mobilità, alle tecnologie di supporto e a forme di assistenza da parte di personale competente; fornendo al personale specializzato che lavora con esse una formazione sulle tecniche di mobilità.
EMOZIONALITÀ
Le emozioni primarie, o fondamentali, sono quelle innate e universali che tutti gli esseri umani e molti animali condividono. Esse svolgono un ruolo cruciale nella regolazione della nostra biologia interna, nell’interpretazione degli eventi esterni e nel guidare i nostri comportamenti. Se le emozioni primarie rappresentano la nostra reazione immediata agli eventi e alle situazioni che ci circondano, le emozioni secondarie sono una risposta dell’organismo alle prime. Per capire meglio questa distinzione facciamo uso di questo esempio: provare vergogna per aver avuto paura (emozione primaria) rappresenta l’emozione secondaria rispetto all’impaurirsi, che rappresenta quella primaria. Per comprendere se stiamo sperimentando un’emozione primaria o secondaria, possiamo porci alcune domande fondamentali. Innanzitutto, chiediamoci se l’emozione è una reazione diretta all’evento. Se la risposta è affermativa, è probabile che si tratti di un’emozione primaria. Al contrario, se l’emozione non sembra una risposta diretta, potrebbe essere secondaria. Un altro modo per distinguere tra emozioni primarie e secondarie è osservare se le emozioni si attenuano dopo che l’evento iniziale è terminato. Se l’intensità emotiva diminuisce rapidamente, è probabile che si tratti di un’emozione primaria. Tuttavia, se l’emozione persiste nel tempo e continua a influenzare il nostro stato d’animo presente, potrebbe essere una manifestazione di un’emozione secondaria.
Secondo lo psicologo Robert Plutchik, le emozioni possono essere rappresentate tramite una “ruota delle emozioni”, che include otto emozioni di base e otto emozioni avanzate, ognuna derivante dalla combinazione di due emozioni di base.
Negli anni ‘60 Paul Ekman, sostenitore delle teorie evoluzionistiche, con i suoi collaboratori fece una serie di ricerche sull’espressione ed identificazione delle emozioni tra diverse popolazioni del mondo, in particolare su abitanti della Nuova Guinea, appartenenti alle culture dei Fore, e dei Dani, in Indonesia, che hanno la caratteristica di essere popolazioni socialmente e culturalmente isolate dal resto del mondo. La ricerca dimostrò che questi popoli, pur essendo lontanissimi tra loro e appartenenti a culture completamente diverse, manifestavano le stesse espressioni facciali di chi apparteneva a culture occidentali, sudamericane ed orientali. Ekman arrivò così a comprendere il legame universalmente condiviso tra emozioni e reazioni dell’individuo.
A livello fisiologico gli ormoni svolgono il compito di regolare le nostre emozioni, influenzando l’umore positivo o negativo. Gli ormoni sono molecole prodotte dalle ghiandole endocrine e rilasciate nel sangue, che funzionano da messaggeri chimici, ovvero trasportano informazioni e istruzioni da un gruppo di cellule a un altro e hanno proprietà stimolanti e di regolazione. All’interno del sistema nervoso, i neurotrasmettitori svolgono un ruolo essenziale nella trasmissione degli impulsi di tipo eccitatorio o inibitorio, aiutando il sistema nervoso a comunicare, influenzando le funzioni corporee e i processi mentali e controllando, quindi, le nostre emozioni. Sono più di cinquanta le sostanze chimiche di cui è stata dimostrata la funzione di neurotrasmettitore a livello sinaptico. Il glutammato, per esempio, è il principale neurotrasmettitore eccitatorio del sistema nervoso centrale: i suoi recettori sono importanti per la comunicazione neurale, la formazione della memoria, l’apprendimento e la regolazione. Il GABA è, invece, il principale neurotrasmettitore inibitorio del sistema nervoso centrale. La dopamina partecipa al controllo del movimento e delle capacità motorie, dell’attenzione, del meccanismo del sonno, del comportamento, di alcune funzioni cognitive, dell’umore e, infine, dei meccanismi alla base dell’apprendimento. La serotonina regola l’umore, il sonno, l’appetito e le emozioni in generale; l’aumentare della sua disponibilità cerebrale porta buon umore, riduce l’ansia e l’aggressività e allevia il mal di testa. La norepinefrina ha il compito di mobilitare l’azione-reazione tra cervello e corpo. Le endorfine sono un gruppo di sostanze chimiche prodotte dal cervello, dotate di proprietà analgesiche e fisiologiche simili a quelle della morfina e dell’oppio. Il cortisolo, per esempio, noto anche come l’ormone dello stress, non solo colpisce il nostro umore, ma può anche interferire con l’apprendimento, la memoria e la nostra salute fisica generale. L’adrenalina accelera la frequenza cardiaca dilata le vie aeree bronchiali ed esalta la prestazione fisica, migliorando la reattività dell’organismo, preparandolo in tempi brevissimi alla cosiddetta reazione di “attacco o fuga”.
COMUNICABILITÀ
Una comunicazione efficace è al centro di qualsiasi esperienza di accoglienza inclusiva. Si fa spesso uso del cosiddetto digital signage, una forma di comunicazione di prossimità che privilegia l’utilizzo di schermi elettronici dinamici. Questa tipologia di comunicazione rientra a pieno titolo nella categoria dell’infotainment (neologismo anglosassone che sta per information ed entertainment), che comprende i sistemi che condividono con l’utente informazioni utili attraverso la piacevolezza intrattenente della tecnologia moderna. Questa tecnologia non solo facilita la comunicazione, ma consente anche di personalizzare i messaggi in base al profilo degli ospiti, offrendo un’esperienza più coinvolgente e su misura. La comunicabilità in architettura è rappresentata anche da tutti quegli strumenti che agevolano l’esperienza d’uso degli utenti: dalla presenza di testi multilingue, scritte in Braille e comunicazione tattile, la stampa a grandi caratteri e gli strumenti ed i formati di comunicazione alternativa scritta, sonora o semplificata.
SPAZIALITÀ e MATERIALITÀ
Al momento di progettare un ambiente è bene tenere in considerazione le capacità, le caratteristiche e le esigenze dei consumatori, ma non solo. I progettisti non devono limitarsi a risolvere i problemi tecnici, ma piuttosto concentrarsi sul cogliere come sarà lo spazio nel futuro. La progettazione, per rispettare i principi di ergonomicità, deve tener conto di chi è l’utente, delle sue caratteristiche e capacità, delle sue competenze d’uso, nonché delle esigenze del personale di competenza. Il progettista deve dunque studiare le strategie adatte al consumatore, ma anche al personale, dare informazioni chiare e precise circa il suo progetto, che siano leggibili, comprensibili e concise e infine monitorare gli andamenti fino ad arrivare ad un risultato finale ergonomicamente eccellente. In questo discorso si inserisce la materialità, che individua nel diverso rapporto diverso che le culture hanno con materiali, colori, simboli, musica e pittura la propria chiave di lettura dell’inclusività.
Il settore Hospitality non è estraneo a questi ambiti. Tuttavia, questo particolare settore della progettazione richiede attenzioni ulteriori e, per me che ho dedicato ampio spazio nella mia attività a curare questi spazi, è importante ora approfondirli. Si parlerà, quindi, dell’inclusività di tipo generazionale, culturale, alimentare, di genere, ambientale e pet friendly.
GENERAZIONALE
Accogliere clienti di diverse fasce di età significa progettare spazi e servizi adatti sia ai giovani che agli anziani. Strutture accessibili con ascensori, spazi di relax e aree silenziose garantiscono che tutti si sentano a proprio agio. Un esempio ad hoc è rappresentato dalle case di riposo di lusso per anziani che sono vere e proprie strutture a cinque stelle, dotate di tantissimi comfort. Soggiornando presso una di queste strutture si ha la certezza di trovare un servizio di assoluta qualità, coerente e soprattutto che giustifichi i prezzi delle rette, ovviamente proporzionali.
CULTURALI / RELIGIOSE
I simboli assumono connotati differenti a seconda della cutura o religione di riferimento. Per questo aspetti quali il colore degli arredi, i numeri delle camere, come anche l’arte e la musica utilizzate per accogliere l’ospite non devono essere trascurati. Parlando del colore è evidente che nelle culture cattoliche, ebraiche e islamiche il colore nero assuma un significato funebre e il bianco sia un colore legato alla vita, mentre per l’induismo questo rapporto è completamente invertito. Il numero 17 nelle culture latine è associato alla sfortuna, mentre il numero 4 nella cultura nipponica si associa alla morte. Il significato dei simboli varia da cultura a cultura: la svastica richiama principalmente il sole e l’infinito e nel buddismo cinese rappresenta la coscienza del Buddha e, spesso, si trova disegnato o scolpito sulle statue. In Europa è associato ormai a tutta un’altra simbologia.
ALIMENTARI
Sempre più ospiti hanno esigenze alimentari specifiche, come diete vegetariane, vegane, senza glutine o allergie alimentari. Un’offerta culinaria varia con opzioni adatte a tutti è cruciale per un’accoglienza inclusiva. Celiachia, intolleranza al lattosio o alle uova: sono moltissime le allergie e le intolleranze alimentari che risultano molto invadenti e limitanti, soprattutto, fuori casa.
DI GENERE
Accogliere clienti LGBTQIA+ significa creare un ambiente sicuro e rispettoso, evitando discriminazioni e garantendo la parità di trattamento. Questo include l’uso di linguaggi inclusivi e spazi gender-neutral. I capisaldi del turismo rivolto alla comunità LGBTQ sono, quindi, l’accettazione, l’inclusione, la non-discriminazione e l’apertura mentale. Questi elementi dovranno essere presenti in ogni offerta dedicata ai viaggiatori appartenenti a questo segmento di mercato, tanto più che questa forma di inclusività non solo rappresenta una forma di civilizzazione, ma presenta un impatto economico non irrilevante. Secondo le statistiche di AITGL (associazione italiana del turismo LGBTQ), si stima che in Italia il turismo LGBTQ+ valga circa 2,7 miliardi di euro. Inoltre, questo tipo di turismo sembra abbastanza redditizio. Infatti, si stima che questa tipologia di turisti disponga di un reddito medio annuo superiore del 38% rispetto ad altri viaggiatori, con una frequenza annuale di viaggi leisure e business più alta. Inoltre, secondo Expo Turismo Gay, i viaggiatori LGBTQ rappresentano una percentuale compresa tra il 7 e il 10% dei turisti totali, andando quindi a ricoprire un’importante fetta di mercato.
AMBIENTALI
Viene curata la creazione di un ambiente che promuova la salute, il benessere, l’autostima, la dignità e l’autonomia della persona e che prenda in considerazione le esigenze specifiche dell’individuo, come il diritto a godere di privacy, grazie all’utilizzo di superfici trasparenti/opache, o di un’illuminazione artificiale e naturale adeguata.
PET FRIENDLY
Per gli ospiti che viaggiano con animali, è importante offrire camere dedicate, spazi verdi, ciotole, menù speciali per animali e personale formato per gestire esigenze particolari, così da accogliere al meglio sia i padroni che i loro amici a quattro zampe. Strutture hospitality visionarie potrebbero disporre di macchinari spa per cani o equini, tapis roulant ad acqua riabilitativi, ecc.
Per concludere, l’inclusività è strettamente legata alla sostenibilità intesa in senso olistico.
Creare hotel inclusivi richiede una grande competenza e una sensibilità frutto di ricerche culturali in primis e secondariamente tecniche.
Alberto Apostoli
Wellness Architecture
Nato a Verona nel 1968, Alberto Apostoli si è laureato in Architettura all’Università di Venezia e ha fondato il suo studio nel 1997 con l’obiettivo di esplorare un nuovo approccio alla realizzazione dei progetti, concentrandosi sull’intersezione delle discipline e sulla ricerca del benessere attraverso l’architettura.
Nel corso del suo percorso professionale e personale, ha sviluppato una profonda riflessione sulla connessione tra spazio, corpo e anima, concependo una visione olistica che abbraccia natura, cultura e sostenibilità. Attraverso varie iniziative, ha contribuito a promuovere un approccio progettuale unico, volto a migliorare la qualità della vita delle persone, piuttosto che concentrarsi solo sul gesto creativo e artistico.
Grazie alla sua attività di mentore del benessere, è considerato una guida per i professionisti del settore. Da oltre un decennio condivide gli spunti delle sue riflessioni in Italia e all’estero, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica su un’architettura che non sia solo forma, ma che serva a promuovere il benessere delle persone e del pianeta.