Scritto da DesignFever
Se il destino del wellness fosse un insieme di pixel?
Se è vero che la progettazione si sta spostando nel metaverso, che l’architetto diventerà anche scenografo e gli ingegneri dei designer del virtuale…quale sarà il destino delle SPA?
L’Eden cibernetico promette spazi infiniti, stimoli d’ogni genere e soprattutto offre un mondo totalmente privo di leggi della fisica e della natura, dove gli alberi fluttuano, gli edifici mutano forma ciclicamente, si può respirare sott’acqua e nuotare nella Via Lattea. L’obolo da pagare per esperienze di questo tipo sembra essere solo uno, al momento: la rinuncia a tatto e olfatto. E se da una parte il nostro sangue ribolle all’idea di SPA prive della sensazione dell’acqua sulla pelle, del calore, del freddo o del vapore, dall’altra si apre un panorama di sperimentazione interessante, che vede come protagonisti vista, udito e – come Alberto Apostoli ci tiene spesso a ricordare – il sesto tra i sensi: la spiritualità.
Perché il benessere passa anche attraverso i colori, le luci, e non ultima la realizzazione di essere in contatto con il Pianeta come parte di un disegno più grande o, al contrario, di essere immensamente piccoli e per questo di dover ridimensionare stress e problemi. Allora l’idea che esistano delle zone franche nel virtual-net dove a piacere riposare gli occhi, l’udito e la mente, dove sorvolare foreste di colori cangianti in pausa pranzo, contemplare tramonti dal proprio soggiorno o vedere fisicamente la musica non sembra poi così tanto irrealizzabile o inutile, senza ignorare il fatto che tutto ciò potrà poi essere accessibile a tutti indipendentemente da problemi motori, di ubicazione o altro.
Che il benessere (o un surrogato dello stesso, a seconda dei punti di vista) si faccia già online, oltretutto, è evidente e palesato dalla crescita esponenziale di fenomeni come quello dell’ASMR, che punta alla stimolazione sensoriale pret-a-porter direttamente dallo smartphone, sul proprio divano. Milioni di views a contenuto, centinaia di canali dedicati e un mercato in continua crescita non possono che essere la riprova che, in parte, il mercato sia già pronto a vedere affiancate alle strutture classiche anche altre solo di matrice digitale, preposte a donare minuti di distensione nella frenesia di una giornata.
In questo contesto l’architetto che ruolo avrà? Quello che ha adesso, perché non mancheranno competenze tecniche da conoscere e perché già oggi chi progetta SPA nel modo in cui, ad esempio, porta avanti Studio Apostoli, non si limita a disegnare una planimetria, ma a maturare un concept, a sviluppare un modello di business e management, a gestire – prima ancora che lo spazio – l’experience che gli utenti vivranno e cosa, a fine giornata, si porteranno a casa.
La vera domanda a cui rispondere, che esula dal mondo della progettazione e che lascio in chiusura è: come rendere queste esperienze collettive, condivisibili, un plus sociale, e non invece avamposti di disgregazione? C’è ancora qualche tempo per pensarci…Nel frattempo, ci vediamo online.
Design Fever
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